venerdì 27 settembre 2013

I Doni della Morte

Per il ciclo "Tutto in Famiglia", vi presentiamo oggi una piccola classifica dei peggiori regali che ultimamente i genitori dei miei ragazzi hanno fatto per comprarsi l'affetto dei figli. Quella del regalo che sostituisce la comunicazione nelle famiglie disfunzionali è una delle tradizioni più diffuse e dagli esiti più disastrosi nella storia dei fallimenti educativi, ma oltre ai gettonatissimi ma banalotti videogiochi, tv o motorini, ogni tanto i genitori più audaci si esibiscono in numeri inaspettati. Vi presento una selezionata top three con tanto di consigli finali stile cagacazzo di Real Time.

3. IL BEVERONE ZUCCHERONE
Se tuo figlio ha disturbi comportamentali, tendenze antisociali e una leggera obesità, la combinazione perfetta è regalargli una borraccia di metallo riempita con due lattine di Red Bull. Zuccheri, caffeina e taurina, per trasformare tuo figlio in una creatura docile (ed esile) quanto un ippopotamo. Di quelli che terrorizzano nottetempo i villaggi del Congo.
Per te MAI PIÙ CON mezzo litro di bevanda gasata al mattino che corroderebbe anche lo stomaco di un elefante.

2. IL BARBIERE DI FLEET STREET
Ok, questo non è un regalo materiale, ma andava inserito d'obbligo: una delle abitudini più cretine dei genitori con una decente disponibilità economica è quella di regalare ai figli un taglio di capelli a piacere, rigorosamente senza accompagnarli per vedere i risultati o porre loro un freno. Emblematico è il caso del giovane Piciarelli, che si presentò a scuola con il suo diminutivo PICIA scolpito sui capelli a caratteri cubitali (ovviamente ho modificato il cognome, ma l'effetto, vi assicuro, era identico).
Per te MAI PIÙ CON parrucchieri sadici che non ti avvisano se il tuo soprannome significa 'baldracca' in torinese.

1. LA RANA PSICHEDELICA
E in cima alla classifica troviamo... Il bambino ipercinetico con gravi difficoltà di concentrazione che arriva con una biro enorme sormontata da una rana che si illumina ad arcobaleno. L'ideale per non distrarsi. E badate bene, non una biro normale di quelle che si illuminano quando scrivi: per attivare le lucette di questo meraviglioso manufatto è necessario colpire con la rana una superficie rigida. Vi lascio immaginare la piacevolezza di una lezione di spagnolo con sottofondo di TAC! STONK! SDENG! a intervalli di un minuto di distanza per riattivare la penna ogni volta che si spegne.
Per te MAI PIÙ SENZA banco imbottito di gommapiuma per evitare l'esaurimento del personale docente, grazie!

martedì 24 settembre 2013

La linea di confine

Una delle cose più interessanti del lavoro alle scuole medie è che ti fa veramente capire quanto in poco tempo possa cambiare tutto. Metti piede in una prima, e trovi tanti orsacchiottini bisognosi d'affetto, che non si sono ancora resi conto che le elementari sono finite e vivono ancora in un mondo popolato da ovetti Kinder, Pokemon e un'ingenua curiosità per cose come le coniugazioni verbali. Nell'estate tra la prima e la seconda succede l'irreparabile. Trasformazioni! Peli! Sangue! Erezioni! Facce purulente! Che sembra la trama di un film di Rob Zombie e invece è la pubertà.
Questo confine non è mai stato evidente come oggi. L'inizio è da fiaba: immaginate di trovarvi in 1^C, dove bambini desiderosi di imparare vi guardano con occhioni luccicanti e sgranati dallo stupore. Mancano solo gli unicorni, ed eccovi un maledetto regno incantato. Il tutto condito da una giovane e volenterosa professoressa di italiano che ricorda un po' le maestre buone dei libri di Roal Dahl. Inizio la giornata così e sono ricolmo di speranze per il genere umano. Poi arrivo in seconda.
Sento gli strepiti e le urla dal corridoio. La bidella che fa brutto nell'angolo, scopettone alla mano. L'insegnante di sostegno arriva in lacrime, e con piglio Shakesperiano esordisce:
"Resisti, se riesci! Ahimè! Io qui non ci resto un minuto di più!"
"Che è successo?"
(Gesto teatrale per indicare con mano tremante la porta dell'aula) "Oltraggio! Affronto! Offesa oltre il prendono! Lui, immonda bestia senz'anima... Lui... Mi ha chiamato puttana!"
(Disappunto della bidella in controcampo, sguardi su di me, riflettore puntato, si aspettano una mia battuta e...)
Niente.
Non mi esce nulla di compassionevole che non suoni falsissimo, è già tanto se ignoro il mio cervello che scalpita per risponderle "benvenuta alle medie, tesoro" o "eeehi, che ti aspettavi?" come Uma Thurman con la Schwepps.
Cosa pensi che ti dicano dei dodicenni problematici con i cosiddetti girati? Insulti disneyani?
Passo la successiva ora a passeggiare con il ragazzino nell'ampio parco della scuola, mentre piano piano la sua rabbia svanisce. E se all'inizio dell'ora la prof 'la voleva picchiare', alla fine con le guance tutte rosse mi confida di sentirsi molto in colpa per le cose che le ha detto. E allora la linea di confine si fa pelo pelo più sottile, perché quando lui mi mostra il bambino che era, per un attimo riesco a vedere l'uomo che può diventare. E anche se cinque minuti dopo è già intento a scaracchiare su una sua compagna, posso sperare che quell'uomo non sia solo un'illusione. E che chiunque possa essere meglio di quello che una vita al margine ha fatto di lui.

A Game of Desks

Quest'anno scolastico è iniziato con una sensazione nota, una ventata dall'infanzia. Come quando da bambino finivi sulla casella del Gioco dell'Oca che diceva "Tira un dado: se fai meno di cinque riparti dal via", e ancora non sapevi dell'esistenza dei dadi a venti facce da Dungeons and Dragons, che se no un pensierino a barare di brutto ce lo facevi pure. Ecco, gli educatori a Milano quest'anno col dado han fatto 1. La giunta comunale ha tagliato abbomba i fondi (che, se ti fai il culo per organizzare l'expo, con qualcosa quel culo te lo dovrai pure pulire, e il welfare c'aveva la giusta morbidezza) e così io mi sono ritrovato, come molti colleghi, separato dai miei ragazzi dell'anno scorso. Cambio scuola, cambio utenti, cambia tutto.
Ripartire dal via, come quando fai game over e non sai bene dove hai salvato, ma sicuramente prima del boss. E infatti la partita ricomincia e parte la corsa ad accaparrarsi degli orari decenti e classi gestibili, tutto tra i falsi sorrisi, gli inchini e gli intrighi tipici della sala professori. Pare di vivere nella serie "Il Trono di Spade", ma senza sgnacchere nude.
Parte la sigla -Papapapa papapapa- e la camera zooma dalla postazione bidelli alla palestra. Cambio di lenti con effetto sonoro figo ('zing! zing!') e siamo davanti alla 2^E.
"Buongiorno", dice il confidente di tutti, viscido e untuoso. Laggiù sorseggiano caffè la spia doppiogiochista, la vecchia intrigona e la giovane supplente un po' passiva che non s'è resa conto delle teste che saltano attorno a lei. Il preside è una figura assente che vive di fausti passati mentre il vicepreside, alias la Mano del Re, si smazza tutto il lavoro sporco. E al Gioco delle Cattedre, si vince o si muore.
E dopo aver steso la tua strategia, compilato le tue tabelle orarie, spostato disponibilità e chiesto compresenze, è allora che senti dietro di te il coro dei tuoi vassalli che ti acclamano mentre avanzi trionfante nel corridoio... Sorridi beffardo, perché tutto combacia, e consegni alla Mano del Re il tuo orario settimanale perfettamente equilibrato e incastrato.
Lui ti guarda accigliato e solenne, e preferisce parola:
"Bene, da settimana prossima però cambia l'orario, quindi ci sarà da discutere".

È in quel momento che capisci che non sarà un anno facile. E non hai ancora incontrato i ragazzi.

Suona "the Rains of Castamere", dissolvenza sul nero mentre urli la tua disperazione al soffitto.